17 gennaio 2023

L'intramontabile fascino del latino: il latino che non ti aspetti

IL LATINO, LINGUA DELLA RESISTENZA
E DELL'UMANITÀ 
CONTRO L'ORRORE DELLA GUERRA
E DEL NAZIFASCISMO
Può la conoscenza di una lingua comune avere il potere di interrompere una guerra, di farci sentire "a casa" mentre siamo precipitati nel peggiore degli inferni, di salvare la nostra umanità, la nostra vita?
È l'incredibile storia del latino che emerge dalle testimonianze dei soldati inglesi e tedeschi che combatterono durante la prima guerra mondiale sul fronte occidentale, di Liliana Segre e di Primo Levi deportati ad Auschwitz e della partigiana Lidia Menapace impegnata nella Resistenza. Le accomuna un uso tanto inaspettato quanto spontaneo della lingua latina, quella lingua magari poco amata sui banchi di scuola che si è invece rivelata uno strumento prezioso capace di abbattere differenze e barriere, di neutralizzare l'odio e la violenza.

Il ruolo del latino nella tregua di Natale del 1914
Natale del 1914:
i caduti della Prima guerra mondiale, scoppiata in estate, erano già un milione. Era solo l'inizio di una vera e propria carneficina. Eppure proprio in quel dicembre del 1914 per qualche momento centinaia di uomini, di semplici soldati sospesero spontaneamente le ostilità e si sentirono come fratelli. Per molti di loro la tregua di Natale fu uno dei momenti più belli della loro vita. Albert Moren, del Queen's Regiment, ricorda che verso le otto di sera i soldati inglesi videro piccole luci accendersi una dopo l'altra  nelle trincee nemiche tedesche: erano piccoli alberi di Natale, illuminati con candele e lumini. Poco dopo si sentì intonare Stille Nacht. "Non lo dimenticherò mai. Fu uno dei momenti più belli della mia vita." "Che cosa fantastica, meravigliosa e strana: grazie al Natale acerrimi nemici per un attimo si sono avvicinati come amici", scrisse ai familiari il tenente tedesco Kurt Zehmisch. 
La notte della vigilia accadde proprio che soldati degli opposti schieramenti, inglesi e tedeschi, intonarono i canti natalizi tradizionali nella rispettiva lingua, per poi ritrovarsi a cantare insieme in latino lo stesso inno religioso, il celebre Adeste fideles, conosciuto da tutti i soldati delle diverse nazionalità. "Fu assolutamente incredibiledue nazioni che cantano lo stesso canto di Natale, nel bel mezzo della guerra", ricordò un altro soldato inglese. 
Si può solo immaginare cosa poté significare per tanti giovani soldati finiti a marcire nel fango delle trincee, esposti al gelo e al fuoco nemico, intonare insieme proprio quella canzone, proprio quelle parole latine straripanti di gioia (laeti triumphantes, ovanti gradu) per la nascita, avvenuta nelle più umili condizioni (humiles cunas, deum infantem pannis involutum, pro nobis egenum, foeno cubantem), di un bambino destinato a predicare un messaggio rivoluzionario di non violenza, di fratellanza, amore per il prossimo, persino per il proprio nemico. Questo canto divenne per alcuni magici momenti uno strumento di vicinanza e fraternizzazione con il nemico, espressione di un comune bisogno di pace e amore, e il latino svolse il ruolo di  lingua comune di umanità e fratellanza.
La condivisione di canti natalizi incoraggiò i soldati a uscire dalle trincee, per incontrarsi sulla terra di nessuno, stringere le mani a uomini che avevano cercato di ammazzare solo poche ore prima, guardarli negli occhi: si scambiarono indirizzi, mostrine, bottoni, altri piccoli doni (sigari, caffè, salsicce e crauti da parte dei tedeschi, sigarette, cioccolato, tè, carne in scatola da parte degli inglesi), si mostrarono le fotografie dei propri cari.
Le testimonianze di chi visse quell'incredibile esperienza - lettere inviate dai soldati ai propri cari o diari di reggimenti - fanno percepire lo stupore, l'incredulità dei protagonisti stessi di fronte a quello spontaneo "scoppio" di pace. Una delle più intense è la lettera scritta dal soldato britannico Tom alla sorella Janet: "Quando il canto è finito, gli uomini della nostra trincea hanno applaudito. Sì, soldati inglesi che applaudivano i tedeschi! Poi uno di noi ha cominciato a cantare, e ci siamo uniti a lui: 'The first nowell the angel did say...'. Per la verità non eravamo bravi a cantare come i tedeschi, con le loro belle armonie. Ma hanno risposto con applausi entusiasti, e poi ne hanno attaccata un'altra: 'O tannenbaum, o tannenbaum...'. A cui noi abbiamo risposto: 'O come all ye faithful...'. E questa volta si sono uniti al nostro coro, cantando la stessa canzone, ma in latino: 'Adeste fideles...'. 
Non potevo pensare niente di più stupefacente". 
"Questi non sono i 'barbari selvaggi' di cui abbiamo tanto letto. Sono uomini con case e famiglie, paure e speranze e, sì, amor di patria. Sono uomini come noi. Come hanno potuto indurci a credere altrimenti? E insomma, sorella mia, c'è mai stata una vigilia di Natale come questa nella storia? Non si può fare a meno di immaginare cosa accadrebbe se lo spirito che si è rivelato qui fosse colto dalle nazioni del mondo. Che succederebbe se i nostri governanti si scambiassero auguri invece di ultimatum? Canzoni invece che insulti? Doni al posto di rappresaglie? Non finirebbero tutte le guerre?" 
"Se ci avessero lasciato stare, non si sarebbe più sparato un colpo", giurò un maggiore inglese. 

Se vuoi approfondire la tregua di Natale del 1914, puoi leggere l'articolo di Alberto Cauli Natale 1914: tregua sul fronte occidentale, pubblicato su "Storica National Geographic" il 24 dicembre 2022: storicang.it/a/natale-1914-tregua-sul-fronte-occidentale_15945

La tregua di Natale in film e musica
Come spesso accade, è stato un film a rendere nota al grande pubblico la tregua del 1914. Si tratta di Joieux Noel, film francese del 2005 (regia di Christian Carion), che ricostruisce la magica tregua natalizia tra soldati francesi, tedeschi e scozzesi. Ma già nel 1983 il cantautore britannico Paul McCartney nel video della canzone Pipes of Peace cita la tregua di Natale del 1914.

La tregua di Natale nel film Joieux Noel (Francia, 2005)
 ,  
Scena tratta dal film Joieux Noel del 2005 (regia del francese Christian Carion) che ricostruisce la magica tregua natalizia tra soldati francesi, tedeschi e scozzesi: un tenore tedesco intona Stille Nacht per i suoi compagni e viene accompagnato da un suonatore di cornamusa scozzese, poi esce dalla sua trincea con un piccolo albero di Natale cantando Adeste fideles
Nel film la tregua è suggellata da una breve messa in latino celebrata dal prete barelliere scozzese per tutti i soldati (durata dello spezzone: circa 5 minuti)

La tregua di Natale nel video della canzone Pipes of Peace (1983)
Nel video della canzone Pipes of Peace, Paul McCartney interpreta il ruolo di due ufficiali nemici, uno inglese e l'altro tedesco: entrambi ricevono al fronte una lettera con foto delle rispettive mogli e figli neonati. I due ufficiali escono dalle trincee e, seguiti dalle loro truppe, s'incontrano nella "terra di nessuno" stringendosi la mano e dando addirittura vita ad una partita di calcio. L'incantesimo si interrompe allo scoppio di una bomba che li costringe a tornare nelle rispettive trincee con in mano la foto della moglie del nemico.(durata del video: circa 3 minuti)

Do you speak Latin? Le esperienze di Liliana Segre e Primo Levi
Purtroppo l'Europa sarebbe precipitata nel giro di alcuni decenni in un altro abisso, quello della seconda guerra mondiale. Le due testimonianze che seguono hanno come protagoniste due figure indimenticabili della nostra storia: l'attuale senatrice a vita Liliana Segre (Milano, 1930) e lo scrittore Primo Levi (Torino, 1919-1987). Entrambi vissero la tragica esperienza della deportazione ad Auschwitz in giovane età, entrambi sperimentarono il ricorso del tutto inaspettato al latino, quello imparato sui banchi di scuola (all'epoca materia obbligatoria nella scuola media) non solo per comunicare con persone di lingue diverse, ma soprattutto per sentirsi ancora vicini e affini ad un altro essere umano. Nei ricordi di Segre e di Levi il latino, come per i soldati della tregua di Natale, appare come una lingua di fratellanza e umanità.

Liliana Segre e la ragazza di Birkenau
La senatrice a vita Liliana Segre, deportata ad Auschwitz-Birkenau a 12 anni nel 1944, racconta questo episodio avvenuto all'interno del lager nel marzo di quell'anno:
Liliana Segre bambina
All'arrivo nei campi venivano rasati i capelli: era una privazione della femminilità, questa rasatura obbligata la aspettavo in fila. Passò una kapò: avevo una chioma nera selvaggia e questa donna decise che la mia chioma era troppo bella per essere tagliata, rimasi sola con i capelli, tra 31 ragazze che non li avevano più. Naturalmente dopo pochi giorni si coprirono di pidocchi, mi fu visto passeggiare un pidocchio sul viso e fui mandata da sola nel gelo: mi venivano disinfestati i capelli e fui rapata. I soldati passavano ridendo chiedendosi come mai ero ancora al mondo: io, la fortunata alla quale un mese prima all'arrivo a Birkenau non erano stati tagliati i capelli per un capriccio della sorvegliante, nell'invidia delle altre prigioniere. La mia faccia era terribile riflessa nel vetro. Mi facevo paura, volevo gridare, volevo piangere, volevo urlare la mia disperazione a quel cielo grigio: era inutile. Dopo ore entrò una ragazza. Avrà avuto forse due o tre anni più di me, anche lei nuda e disperata. Si avvicinò alla stufa e ci guardammo con pietà fraterna, già amiche, già sorelle, con occhi adulti. 
La pagina di diario di Liliana Segre
Tentammo in tutti i modi di parlare, ma non ci capivamo assolutamente (forse era cecoslovacca) e allora non so più a chi delle due venne in mente di tentare con il latino scolastico delle nostre prime frasi delle scuole medie, così lontane da lì. E fu fantastico poterci scambiare dolci brevissime frasi: Patria mea pulchra est («La mia patria è bella»), Familia mea dulcis est («La mia famiglia è dolce»), Cor meum et anima mea tristes sunt («Il mio cuore e la mia anima sono tristi»)Fu molto importante quel momento e anche se non ho mai saputo il nome di quella ragazza, con lei ho vissuto un’altissima affinità spirituale e la massima condivisione in una condizione umana bestiale. Grazie amica ignota, spero che tu sia tornata a raccontare di quel giorno di marzo 1944 nella «Sauna» di Birkenau.
(Il racconto di Liliana Segre è tratto da un articolo pubblicato sul sito del "Corriere della sera" il 1 novembre 2019).
Se vuoi ascoltare la versione dell'episodio raccontata dalla senatrice all’Università La Sapienza di Roma il 18 febbraio 2020, clicca sul link e segui dal minuto 8.41 al minuto 15.00: https://zh-cn.facebook.com/SapienzaRoma/videos/la-storia-sulla-pelle-lectio-magistralis-di-liliana-segre/1146113382397110/
Liliana Segre è una dei 25 sopravvissuti dei 776 bambini italiani che furono deportati nel campo di concentramento di Auschwitz. Il padre e i nonni paterni con cui fu deportata morirono nel campo. 
Se vuoi conoscere la storia di Liliana Segre, leggi l'articolo di Flavia Alì Liliana Segre: l'indifferenza più grave della violenza ,"Treccani Magazine", 18 settembre 2019.

Primo Levi e il prete di Cracovia
Primo Levi fu deportato ad Auschwitz
nel febbraio 1944, all'età di 25 anni
Il passo che segue è tratto dal romanzo autobiografico La tregua di Primo Levi, pubblicato nel 1963.
L'opera è un diario del tortuoso viaggio di ritorno in Italia dopo la liberazione di Auschwitz nel 1945 attraverso le rovine dell'Europa sconvolta dalla guerra.
Levi, giunto a Cracovia, è alla ricerca della mensa dei poveri:
La mensa dei poveri era dunque dietro alla cattedrale: restava da stabilire quale, fra le molte e belle chiese di Cracovia, fosse la cattedrale. 
A chi chiedere, e come? Passava un prete, giovane e di aspetto benigno, non intendeva né il francese né il tedesco; di conseguenza, per la prima e unica volta nella mia carriera postscolasticatrassi frutto dagli anni di studi classici intavolando in latino la più stravagante ed arruffata delle conversazioni
Dalla iniziale richiesta di informazioni («Pater optime, ubi est mensa pauperorum?») venimmo confusamente a parlare di tutto, dell'essere io ebreo, del Lager («Castra»? Meglio Lager, purtroppo inteso da chiunque), dell'Italia […] e di innumerevoli altre cose, a cui l'inusitata veste della lingua dava un curioso sapore di trapassato remoto. Avevo del tutto dimenticato la fame e il freddo, tanto è vero che il bisogno di contatti umani è da annoverarsi fra i bisogni primordiali. […] 
Sulla scorta delle preziose indicazioni del prete, giungemmo alla cucina dei poveri, luogo assai deprimente, ma riscaldato e pieno di odori voluttuosi.


Il ricordo di una partigiana: così "Cicerone mi salvò la vita"
Mentre Primo Levi e Liliana Segre sperimentavano l'orrore e la brutalità dei campi di concentramento, una giovane studentessa universitaria di lettere, appena ventenne, Lidia Menapace (Novara, 1924 -Bolzano, 2020), si impegnava come partigiana e staffetta contro il nazifascismo.
Lidia Menapace, giovane partigiana
Anche per lei la conoscenza del latino fu in un certo senso salvificaCicerone, celebre politico, scrittore e filosofo romano del I sec. a.C., pur se da lei poco amato, si rivelò vitale perché divenne una sorta di lasciapassare per superare i posti di blocco fascisti. Ecco il racconto dalla sua viva voce, tratto dall'intervista pubblicata nel recente libro a cura di Gad Lerner e Laura Gnocchi Noi partigiani. Memoriale della Resistenza italiana (Feltrinelli, 2020, pp. 30-35): "Sotto il fascismo le ragazze dovevano studiare poco, sposarsi e mettere al mondo tanti figli per la patria. Anche la Chiesa era d'accordo. Non occorreva certo che le donne conoscessero il latino e Cicerone. Tanto che, dopo la Liberazione, molte di noi preferirono non dire di essere state partigiane. Quando fu il momento di iscrivermi all'università, mio padre preferì che andassi alla Cattolica a Milano, pur essendo lui un laico. Disse: "La Cattolica non è di Stato, forse è anche un po' antifascista". E aveva ragione, molti professori approfittavano dell'essere meno sorvegliati, perché la Cattolica faceva riferimento a un potere diverso, quello del Vaticano. Dopo l'8 settembre, cominciai a collaborare col Cln [Comitato di Liberazione Nazionale] di Novara. Mio padre fu preso e non sapemmo più nulla di lui per tre mesi , i più tragici della nostra vita familiare. Era stato deportato in Polonia. Fu anche questa circostanza a spingermi verso un'azione sempre più militante. "Voglio fare la partigiana." Col tempo diventai una staffetta riconosciuta. Misi subito in chiaro che io armi non ne avrei usate. Feci però un compromesso con me stessa, potevo trasportarle. E più volte, ad esempio, traghettai esplosivo plastico. In genere mi affidavano messaggi: se erano da imparare a memoria, lo facevo; se erano scritti, bisognava mangiarli in caso di cattura. Non mi successe mai.
Una volta il mio odiato Cicerone mi salvò la vita. Il latino non lo amavo. Allora, stavo scendendo dalla Val d'Ossola dopo aver fatto tutti i vari turni. A una svolta, al termine di una lunga tirata di dieci chilometri in bici, da sola, vidi in fondo un posto di blocco. Quando si incontrava un posto di blocco non bisognava voltarsi e scappare, altrimenti ti sparavano alla schiena; dovevi, invece, andare sempre più svelta e avere una storia da raccontare. E io ce l'avevo. Pedalai di gran corsa, arrivai e dissi: "Lasciatemi passare per piacere, sono andata a studiare latino con una mia compagna al paese vicino, ma mia mamma si preoccuperà moltissimo se non torno subito". Imbastii tutta una storia e, per supportarla, tirai fuori le Tusculanae di Cicerone. Ricordo ancora l'effetto che fece sul poliziotto: "Ma va fora dai bàl, ti e il tuo latinorum". E, quindi, Cicerone mi salvò la vita."
  
IL LATINO, DAVVERO UNA LINGUA MORTA?
Quando il latino era la lingua comune dell'Europa
La lingua latina è stata protagonista di una vicenda straordinaria di "resilienza" e resistenza. Sopravvissuta al crollo dell’Impero romano d’Occidente (476 d.C.), ha dato origine ad una serie di lingue europee e di parlate locali, le lingue romanze o neolatine: italiano, spagnolo, portoghese, catalano, francese, provenzale, sardo, ladino, romeno. Ma anche altre lingue, come l'inglese, hanno accolto nel loro lessico un'enorme quantità di vocaboli latini.
Ciò è avvenuto principalmente per due ragioni: per l'immensa vastità del territorio compreso nell'impero romano al momento della sua massima espansione e per il prestigio culturale del latino fino alle soglie del XIX secolo.
Il latino ha infatti svolto per secoli la funzione di lingua comune presso i ceti colti dell’intera Europa, anche dopo l'affermazione delle lingue nazionali: fino a tutto il XVIII secolo rimase la lingua ufficiale non solo della Chiesa cattolica ma anche della comunicazione scientifica e filosofica (filosofia, teologia, diritto, medicina, scienze naturali), ricoprendo un ruolo analogo a quello rivestito oggi dall'inglese. Per essere letti in tutta Europa, nel XVII e XVIII secolo scrissero in latino filosofi come il francese Cartesio (al quale si deve la celebre formula Cogito, ergo sum = penso, dunque sono), l’olandese Spinoza, il tedesco Leibnitz, l’italiano Vico, il prussiano Kant, e scienziati come l’italiano Galilei, l’inglese Newton, lo svedese Linneo.
Il latino oggi
Rosa centifolia rubra
Oggi il latino nel ruolo di veicolo del sapere è stato sostituito dall’inglese (anche perché la comunità scientifica ha ormai una dimensione planetaria, non più solo europea), quindi il suo spazio nella lingua odierna si è ridotto, ma, oltre a rappresentare una parte profonda della storia e dell'identità dell'Europa, il latino è tuttora vivo nei linguaggi settoriali usati in tutto il mondo.
  • I nomi scientifici di piante e animali sono in latino, secondo la nomenclatura introdotta a metà Settecento dal biologo svedese Carl Nilsson detto Linneo:  così ci capita di avere in casa un Canis familiaris o un  Felis catus o un Serinus canarius, cioè un gatto o un canarino e di annaffiare sul balcone un vaso di Pelargonium zonale, ossia di gerani. Anche i nomi scientifici delle nuvole sono latini; la World Meteorological Organization le ha classificate creando l'International Cloud Atlas, l'Atlante internazionale delle nuvole, che dal 2017 si può consultare anche on line con gallerie di immagini: il nostro cielo "a pecorelle" per il fisico delle nubi è un Altocumulus
    Cumulus congestus a Sorrento
    stratiformis perlucidus
    , mentre le nubi bianche e paffute che assomigliano a batuffoli di cotone, appartengono al genere Cumulus, della specie humilis se sono distribuite in modo casuale, della specie congestus se si sviluppano in verticale con la sommità a forma di cavolfiore.
  • I simboli degli elementi chimici sottintendono i nomi latini: Au è l'oro, da aurum; Na è il
    sodio, da natrium; S è lo zolfo, da sulfur; Cu è il rame perché in epoca romana questo metallo era estratto nell'isola di Cipro e perciò veniva chiamato aes Cyprium “bronzo di Cipro”, da cui cuprum e infine Cu
  • Molte formule giuridiche sono latine perché il diritto moderno è largamente debitore di quello romano, quindi il linguaggio forense (da forum, “piazza, foro”, il luogo in cui nell'antica Roma si tenevano i processi) deriva dal latino. Un esempio sono le espressioni ius sanguinis e ius soli, che riguardano la cittadinanza.
    Si può istruire un processo (da
    procēdo = procedere) contro un imputato (da impŭto = giudicare) che può avere un alibi (= altrove) e viene difeso da un avvocato (da advŏco = chiamare vicino). Nel diritto inglese la formula Habeas corpus sancisce il principio dell’inviolabilità personale e, per estensione, la locuzione è usata per indicare le garanzie delle libertà personali del cittadino.
  • L’informatica parla latino, per lo più attraverso la mediazione dell'inglese: video e audio sono verbi latini; computer deriva dal verbo compŭto “contare”; guardiamo il monitor (da monēre), muoviamo il mouse (mus = topo), digitiamo (digĭtus = dito) i dati, li salviamo in una directory (dirĭgo), li eliminiamo con il tasto delēte (delĕo), li proteggiamo dai virus (veleno in latino);
    in internet (inter+necto) ci connettiamo (cum+necto) a un server (servio), partecipiamo a forum e scriviamo e-mail utilizzando il simbolo “@” (dalla preposizione  ad=verso).
  • Il latino è presente anche nel lessico della politica e dell'economia: par condicio, referendum, quorumad interim, deficit, pro capite. Si ricorre al latino maccheronico per indicare proposte di riforma della legge elettorale italiana: Mattarellum, Porcellum, Italicum
  • In medicina parliamo di virus, ictus, placebo, cellula, post partum e in psicoanalisi di trasfert, libido, lapsus, raptus.
  • Pare che persino il nome delle note musicali sia stato dato da Guido d'Arezzo, usando le prime
    sillabe delle parole iniziali dei versi di un inno sacro in latino dedicato al primo patrono dei musicisti, san Giovanni. Ut queant laxis / Resonare fibris / Mira gestorum / Famuli tuorum / Solve polluti / Labii reatum / Sancte Iohannes (Affinché possano / con libere voci cantare / le meraviglie delle azioni / tue i (tuoi) servi, / cancella del contaminato / labbro il peccato, / o san Giovanni). Alla fine del Cinquecento fu aggiunto il si e nel Seicento la prima nota ut viene modificata in do dal teorico musicale Doni (prime due lettere del suo cognome).
  • Il latino è tuttora la lingua ufficiale della Città del Vaticano e della Chiesa Cattolica Romana
    Le encicliche dei pontefici sono redatte in latino, Papa Francesco ha un profilo Twitter in latino e molti canti liturgici cattolici sono in latino (GloriaAdeste fideles). Presso la Curia Romana è stata istituita la Pontificia Accademia di Latinità, che si occupa della promozione e della valorizzazione della lingua e della cultura latina. Gli esperti dell'Accademia hanno creato il Lexicon recentis Latinitatis, una raccolta di termini latini “aggiornati” alla realtà contemporanea: così l'astronave diventa navis sideralis, il disoccupato invite otiosus, il pancarré panis quadratus, lo psicologo humani animi investigator, il maccherone pasta tubulata, lo spaghetto pasta vermiculata, ecc.
Il paradosso del latino: lingua "morta vivente"
Il latino è una lingua conclusa (non è la lingua materna di alcun popolo) ma ancora vitale e non esaurita:
oltre alla terminologia dei linguaggi settoriali (botanica, zoologia, chimica, informatica) di cui già si è parlato, lo dimostrano anche le cifre romane e soprattutto le innumerevoli espressioni latine che utilizziamo quotidianamente.

Il nostro latino quotidiano
Ad horas, Ad hoc, Ad interim, Ad libitum, Ad maiora, Agenda, Album, Alias, Alibi, Alter ego, Ante litteram, Auditorium, Aula magna, Aut aut; Bis, Bus; Campus, Casus belli, Coram populo, Curriculum vitae; Desiderata, De visu; Errata corrige, Extrema ratio; Ex novo, Ex voto; Factotum, Facsimile; Forma mentis; Gratis; Habitat, Homo sapiens, Honoris causa, Humus; Idem, Incipit, Iter, In extremis, In fieri, In itinere, In loco, In toto, Inter nos; Lapsus, Lectio brevis, Lectio magistralis, Legenda; Magnitudo, Memorandum, Merenda, Mirabilia, Modus operandi; Nomen omen; Non plus ultra; Omissis, Opera omnia; Post scriptum, Pro, Pro capite, Pro memoria, Prosit, Pupilla (bambolettina: nell’occhio si riflette, ridotta, l’immagine)Qui pro quo; Raptus, Rebus; Salve, Sine die, Sponsor, Sui generis; Tabula rasa, Tutor; Ultimatum, Una tantum; Vademecum, Vexata quaestio; Vigilia, Virus, Vis, Vulnus.
Absit iniuria verbis, Ad impossibilia nemo tenetur; Brevi manu; Carpe diem, Conditio sine quan non, Cui prodest?, Cum grano salis; Dulcis in , De gustibus non disputandum est, Divide et impera; Do ut des; Dura lex sed lex; Errare humanum est perseverare diabolicum, Excusatio non petita accusatio manifesta; Gutta cavat lapidem; Historia magistra vitae, Homo homini lupus; In dubio pro reo, In medias res, In medio stat virtus, Intelligenti pauca, In vino veritas, Ipse dixit; Lupus in fabula; Mala tempora currunt, Mare magnum, Mare nostrum, Mea culpa; Melius abundare quam deficere, Mens sana in corpore sano, Mors tua vita mea, Mutatis mutandis; Obtorto collo, Ope legis; Per aspera ad astra, Pro bono pacis; Rem tene verba sequentur, Repetita iuvant; Sapere aude, sine die; Ubi maior minor cessat; Verba volant scripta manent, Vox populi vox dei.

LATINO IN MUSICA:
CANZONI MODERNE IN LATINO

Adeste fideles
Autore: ignoto
Anno: sec. XVIII o epoca precedente
Genere: canto popolare religioso



"Adeste fideles" cantata da Laura Pausini

Adeste fideles è un noto canto religioso natalizio. Non esistono prove sufficienti per attribuirne la paternità ad un nome preciso; l'unica certezza che emerge dalla documentazione esistente è il nome del copista, cioè di colui che trascrisse materialmente il testo e la melodia: sir John Francis Wade, che lo avrebbe trascritto da un tema popolare irlandese nel 1743-1744 per l'uso di un coro cattolico, a Douai, cittadina nel nord della Francia, a quel tempo importante centro cattolico di riferimento e di rifugio per i cattolici perseguitati dai protestanti nelle Isole britanniche. Fonte: Wikipedia.
Il celebre canto compare nel film Joieux Noel (2005), ispirato alla tregua del primo Natale di guerra, un evento reale accaduto durante il primo conflitto mondiale nel dicembre 1914, in cui soldati dei fronti nemici, inglesi e tedeschi, cessarono il fuoco e intonarono insieme in latino Adeste fideles che divenne dunque simbolo di non violenza, di fraternizzazione, di volontà di pace.

I canti della liturgia cattolica in latino sono numerosi. Altri esempi sono Ave Verum (Corpus), Gloria, Sanctus, Bendictus, Agnus Dei, alcuni dei quali interpretati da grandi compositori come Mozart.

O Caritas di Cat Stevens
Testo e musica: Cat Stevens
Album: Catch Bull At Four
Anno: 1972
Nazione: Gran Bretagna
Genere: Folk Rock
Testo con traduzione in inglesehttp://testicanzoni.mtv.it/testi-Cat-Stevens_803/testo-O'Caritas-250744

Video non ufficiale della canzone
Steven Demetre Georgiou, a lungo conosciuto con il suo nome d'arte Cat Stevens (Londra, 1948), è un cantautore britannico di origini greche. All'inizio della sua carriera musicale Georgiou incarna in pieno lo stereotipo del cantante pop commerciale dell'epoca, un'immagine dalla quale egli si distanzierà notevolmente negli anni a seguire, elaborando uno stile musicale che lo contraddistinguerà per tutta la sua carriera: chitarre acustiche in primo piano, sonorità delicate, richiami alla tradizione greca, testi a metà strada tra la canzone d'amore ed il misticismo, il tutto condito dalla calda vocalità dello stesso Stevens. Una delle sue canzoni più famose e amate è Father and son (1970). Fonte: Wikipedia.
O' Caritas è una canzone antimilitarista, un grido dolente contro la guerra, causa di distruzione e lacrime, e un inno alla pace, alla bellezza, alla vita e all'amore ("nobis semper sit amor").

Vite perdite di Daniele Sepe
Testo e musica: Daniele Sepe
Voce: Zulu dei 99 Posse
Album: Vite perdite
Anno: 1993
Nazione: Italia
Genere: World Music
Testohttps://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=198&lang=it (con breve video in cui il passo latino è cantato in italiano)


Per ascoltare tutta la canzone: https://www.youtube.com/watch?v=rjK8FRSGpMI (il passo latino va dal minuto 2:34 al minuto 3:10)

Il testo latino cantato nel brano, preceduto dalla traduzione in italiano (prima strofa), è tratto da De vita Iulii Agricolae, un'opera dello storico Tacito, ed è un passo del discorso che Calgàco, capo dei Britanni, rivolge ai suoi soldati, prima dello scontro decisivo con i Romani guidati da Agricola nell’odierna Scozia, alla fine del I sec. d.C., sotto l'impero di Domiziano. Calgàco si scaglia con durezza contro l’imperialismo romano. La memorabile frase Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant è stata utilizzata anche in epoca contemporanea per denunciare la politica imperialista delle grandi potenze o ogni azione bellica. L'espressione è stata ripresa, ad esempio, dopo quasi due millenni, dalla propaganda dei pacifisti all'epoca della guerra sostenuta dagli Stati Uniti contro il Vietnam (1964-75).
Il titolo Vite perdite e la strofa finale si ispirano invece ad un testo dei Carmina burana, una raccolta di canti medievali in latino, religiosi o profani, alcuni satirici o addirittura blasfemi, altri mistici, scoperta in un codice del 1225 circa.

Daniele Sepe (Napoli, 1960) è un sassofonista e compositore italiano. I suoi album incontrano subito il parere favorevole della critica, ma è soltanto col quarto, Vite perdite (1993), realizzato in collaborazione con la band napoletana 99 Posse, che le vendite decollano. Numerose sono le sue collaborazioni con altri musicisti e con registi cinematografici e teatrali, tra cui Mario Martone, Gabriele Salvatores, Enzo D'Alò. Difficile definire la sua musica, sempre in bilico tra reggae, folk, world music, jazz, rock, fusion, blues, musica classica. Fonte: Wikipedia.


Miraculum di Enya
Testo: Roma Ryan
Musiche: Enya
Album: And winter came...
Anno: 2008
Nazione: Irlanda
Genere: New Age
Testohttp://www.testietraduzioni.com/cantanti/e/enya/miraculum.html

Eithne Patricia Ní Bhraonáin, meglio nota come Enya (Gaoth Dobhair, 1961), è una cantante e musicista irlandese. Risulta essere la cantante solista irlandese ad aver riscosso più successo nel mondo. Il suo stile musicale è molto particolare, per le sperimentazioni sulla sua voce, per il suo timbro lieve e allo stesso tempo potente. Al suo produttore Nicky Ryan si deve l'intuizione della tecnica di Multivocals: Enya per una sola canzone registra e sovrappone fino a cento voci, creando l'effetto suggestivo di un coro polifonico. “Le sue partiture oniriche e rarefatte combinano l'austerità della Classica con il melodismo immediato del pop, le suggestioni della musica sacra e medievale con stratificazioni sonore degne dei grandi pionieri dell'elettronica.” (Claudio Fabretti, in ondarock.it). La cantautrice ha composto tre brani ispirati al libro Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, due dei quali, May It Be e Aníron, fanno parte della colonna sonora del film; May It Be ha ricevuto una nomination all'Oscar nel 2002 come miglior canzone.  Fonte: Wikipedia.


 IL LATINO DEL MAGHETTO HARRY POTTER 
E DELLA "SCHIAPPA" GREG 

IL POTERE "MAGICO" DEL LATINO

Sono in latino il motto della scuola di Harry Potter (Draco dormiens numquam titillandus) e alcune formule e incantesimi del maghetto, protagonista della fortunatissima serie di romanzi fantasy ideata dalla scrittrice britannica J. K. Rowling e pubblicata tra il 1997 e il 2007. 
Il successo della saga ha risvegliato l'interesse dei ragazzi per una lingua fino ad allora bistrattata, determinando un significativo aumento di studenti iscritti ai corsi di latino nei Paesi anglosassoni (il cosiddetto “effetto Potter”).
Puoi trovare un elenco delle formule magiche latine di Potter cliccando su questi link: https://www.lameziaterme.it/latinorum-magico-scuola-hogwarts/https://eateseseirimastoconharry.com/etimologia-storia-degli-incantesimi/

Sono state persino realizzate versioni latine delle avventure del maghetto:
Harrius Potter et Philosophi Lapis e Harrius Potter et Camera Secretorum.





"DIARIO DI UNA SCHIAPPA" IN LATINO: I "COMMENTARII DE INEPTO PUERO"
Greg, la schiappa più celebre di tutto il pianeta, da oggi parla anche latino. Diario di una schiappa di Jeff Kinney, si trasforma in Commentarii de inepto peuro, un'edizione speciale del primo volume della serie completamente tradotto in latino. 
Il traduttore è un personaggio d'eccezione: Monsignor Daniel B. Gallagher, latinista dell'Ufficio lettere latine della Segreteria di Stato Vaticana e curatore del profilo twitter in latino di Papa Francesco, a, @Pontifex_ln.
I Commentarii de Inepto Puero, usciti all'inizio di maggio 2015 in Italia e in Europa, hanno venduto diecimila copie e sono stati pubblicati anche in America e nel resto del mondo (dall'editore Abrams). L'edizione latina è una traduzione integrale e fedele al testo originale di Diario di una Schiappa. Per tutti gli appassionati della serie, è possibile leggere i Commentarii con accanto il testo nella propria lingua, divertendosi così a scoprire come le frasi dei personaggi, le esclamazioni e le avventure di Greg siano state rese in lingua latina. Un'esperienza improbabile, quanto divertente: sicuramente da provare.
I Commentarii, che nel titolo richiamano il De bello Gallico di Giulio Cesare, non sono un libro didattico, però si rivolgono in qualche modo agli studenti come «sussidio»: l'idea è che, visto che molti ragazzi conoscono benissimo il Diario, si divertano a mettere a confronto le due versioni (e intanto si esercitino), magari per scoprire come Monsignor Gallagher abbia tradotto concetti molto lontani dall'epoca dei romani, dal gioco del «cheese touch» (tactus casei) all'heavy metal ( musica metallica gravius) al rock (musica nutando et volvendo). [...].

(Ridotto e adattato da Se un libro (pop) fa successo tradotto in latino di Eleonora Barbieri, in "Il Giornale", 10 giugno 2015 e da Commentarii de Inepto Puero: la Schiappa Greg parla latino di Ilaria Cairoli, in "Panorama", 15 maggio 2015).

IL LATINO NEI MEDIA: PUBBLICITÀ E INTERNET

 IL LATINO NELLA PUBBLICITÀ

Media è un'espressione latina. Il linguaggio della pubblicità non è immune dal fascino intramontabile della lingua degli antichi Romani, come testimoniano i nomi o gli slogan di molti prodotti a noi familiari: Levissima, Magnum, Nivea, Rex, Venus.

Un esempio: la pubblicità dell'acqua Claudia
Immagine pubblicitaria dell'acqua Claudia
(Agenzia Advance Brand Appeal, 2009)
"Il nome di quest'acqua richiama l'epoca romana: infatti viene messo in relazione con l'imperatore Claudio (41-54), al cui nome è legato uno dei più importanti acquedotti di Roma antica (aqua Claudia). L'agenzia che ha curato la nuova immagine del marchio (ritornato a una gestione italiana, dopo aver fatto a lungo parte di una multinazionale svizzera) ha deciso di puntare sulla 'romanità' del prodotto, richiamandosi a una delle espressioni-simbolo della civiltà romana antica, gli acquedotti, e ricorrendo a una serie di espressioni latine piuttosto conosciute. Il capitello corinzio è protagonista nella pubblicità del 2009, dove appare come base autorevole della bottiglia, ad esprimere la qualità 'classica' dell'acqua. Caratteristica dell'acqua, che proviene dalle antiche sorgenti dell'imperatore Claudio, è di essere effervescente ad hoc (ad hoc: espressione latina che significa letteralmente 'per questo, appropriato'). Quanto all'headline, Ave Claudia!, l'espressione richiama immediatamente nell'immaginario collettivo il mondo romano (Ave, Caesar)." (Ridotto da Un'acqua ad hoc di Giulia Grassi, in http://www.italipes.com/artelatino.htm).

Per altri esempi di pubblicità "latine" clicca sul link: http://www.italipes.com/artelatino.htm

"EPHEMERIS", UN SETTIMANALE ON LINE IN LATINO

La rivista "Ephemeris. Nuntii latini universi" è un settimanale di cultura e attualità redatto interamente in lingua latina, creato a Varsavia da un gruppo di specialisti ed esperti di tutto il mondo. La rivista telematica è consultabile on line all'indirizzo http://ephemeris.alcuinus.net/.


"HEBDOMADA AENIGMATUM",
IL PRIMO LIBRO DI ENIGMISTICA IN LATINO

Nel 2014 è nata la rivista "Hebdomada Aenigmatum", mensile con cruciverba, rebus e altri giochi interamente in latino, ideato dall'associazione culturale "Leonardo" di Campobasso. L’idea è nata per gioco all’interno di un gruppo di amanti della lingua latina con l'obiettivo di avvicinare al latino studenti e appassionati attraverso un approccio leggero e divertente. Oltre ai tradizionali giochi di enigmistica, il mensile ospitava una striscia di Linus, recensioni di film e notizie di cronaca. Il successo della rivista, che ha raggiunto negli anni 10.000 abbonati in tutto il mondo (per lo più in Italia e nel mondo anglosassone), ha portato alla pubblicazione dell'omonimo libro Hebdomada Aenigmatum, il primo libro di enigmistica e giochi in latino e greco antico. 
Sul sito https://www.latincrosswords.com/ puoi scaricare una pagina di prova e vedere un video tutorial che spiega come risolvere un cruciverba in latino.

Giulio Regeni


“Su quel viso ho visto tutto il male del mondo, 
e mi sono chiesta perché tutto il male del mondo si è riversato su di lui”
(parole della madre di Giulio Regeni, marzo 2016)

La vicenda di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano, dottorando dell'Università di Cambridge, rapitobrutalmente torturato e ucciso in Egitto tra gennaio e febbraio 2016, è straziante. 
L'omicidio del nostro connazionale ha acceso i riflettori dei media internazionali sulle violazioni dei
Giulio Regeni (Udine, 1988- Il Cairo, 2016)
diritti perpetrate dal governo egiziano, di fatto una dittatura militare, per reprimere qualsiasi minima o solo sospetta forma di dissenso o di minaccia al regime. Giulio, appassionato della regione mediorientale, da alcuni mesi stava svolgendo, presso l'università americana del Cairo, una ricerca sul campo sui sindacati indipendenti, un tema diventato molto delicato dopo la stagione delle cosiddette "primavere arabe" del 2011, che in Egitto costrinse alle dimissioni Mubarak, da 30 anni Presidente del Paese. È stato probabilmente questo a destare le preoccupazioni e i sospetti degli apparati di sicurezza del governo del presidente egiziano Al Sisi. Proprio un sindacalista con cui il ricercatore era entrato in contatto per la sua ricerca, Mahamed Abdallah, capo del sindacato autonomo degli ambulanti del Cairo, lo ha "venduto" come spia inglese, dopo essere stato arruolato dai servizi segreti egiziani per incastrarlo. "Miseria umana": così Giulio lo aveva definito nei suoi appunti dopo il loro ultimo fatale incontro.
Giulio è scomparso il 25 gennaio 2016, giorno del 5° anniversario delle proteste di piazza Tahrir. Il suo corpo martoriato è stato ritrovato il 3 febbraio, abbandonato in un fosso lungo l'autostrada Cairo-Alessandria. La madre rivelerà in conferenza stampa di aver riconosciuto il figlio solo dalla punta del naso.
Vignetta di Mauro Biani
Giulio era un nativo democratico, un cittadino italiano ed europeo. Come tale, godeva di diritti e di tutele frutto di lunghe lotte e di faticose conquiste ma che ormai molti tendono a dare per scontati nel nostro mondo occidentale, fino quasi a trascurarli. Giulio invece - lo dimostrano chiaramente i suoi scritti - ne era ben consapevole, ci credeva fermamente, attraverso le sue ricerche li difendeva con convinzione e slancio e ne auspicava l'affermazione anche nelle zone come l'Egitto in cui i cittadini non godono ancora delle libertà e delle garanzie democratiche. Per questo è tanto più inaccettabile e insopportabile ciò che ha dovuto subire da cittadino straniero in un Paese "amico", con cui l'Italia ha importanti rapporti economici: la negazione proprio di quei diritti e di quelle tutele nella sua forma più crudele ed efferata, la tortura, prolungata per nove giorni, che non ha risparmiato nessuna parte del suo giovane corpo, fino a causarne la morte.
Se per noi italiani la barbara uccisione di Giulio Regeni rappresenta un unicum di eccezionale gravità nella storia della Repubblica, in Egitto lo è solo per il fatto che è stato coinvolto un cittadino straniero, ma non si tratta di un caso isolato, anzi le violazioni dei diritti umani e civili - arresto arbitrario, sparizione forzata, tortura, omicidio - sono all'ordine del giorno e le vittime principali sono giovani egiziani che desiderano un Paese più libero e democratico, giovani di cui, prima dell’omicidio di Giulio, non si parlava o si parlava troppo poco e che hanno bisogno del sostegno della comunità internazionale.
"Le circostanze e la data della scomparsa (il quinto anniversario della “rivoluzione del 25 gennaio” 2011, coi precedenti segnati da militarizzazione e repressione), i metodi di tortura cui è stato sottoposto (gli stessi usati così spesso dagli apparati di sicurezza), l’indisponibilità a collaborare nella ricerca della verità, l’assegnazione iniziale delle indagini a un funzionario di polizia condannato nel 2003 per un caso di tortura mortale e in seguito accusato di aver torturato, incriminato per false accuse e ucciso manifestanti nel 2011: tutto questo ci dice che vi è la possibilità concreta che le forze di sicurezza egiziane siano responsabili dell’omicidio di Giulio Regeni". Questa l'analisi di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, un mese dopo il ritrovamento di Giulio, nel marzo 2016.
Il coinvolgimento degli apparati statali e delle forze di sicurezza egiziane è stato confermato senza ombra di dubbio dalle indagini svolte successivamente. La Procura di Roma ha condotto un'inchiesta senza precedenti sul sequestro e l'omicidio di Regeni, alla quale hanno collaborato lo SCO (Servizio Centrale Operativo) della Polizia e il ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) dei Carabinieri. I risultati delle indagini sono chiari e univoci: sequestro e omicidio di Stato. La Procura ha iscritto nel registro degli indagati cinque agenti della National Security Agency, il Servizio segreto civile egiziano. Tuttavia la ricerca della verità e la punizione dei responsabili sono tuttora ostacolate dai continui depistaggi e dalle menzogne del regime egiziano, a cui si aggiungono le ripetute pressioni e le intimidazioni della National Security sui consulenti legali egiziani della famiglia Regeni al Cairo, alcuni dei quali sono stati arrestati con la falsa accusa di danneggiare la sicurezza di Stato.
I genitori di Giulio lottano con tenacia per smascherare falsità, ingiustizie, ipocrisie, scandalose complicità, in nome di Giulio ma anche di tutte le altre giovani vittime degli abusi del regime egiziano. Nel dicembre 2020 hanno deciso di denunciare il Governo italiano per aver venduto all'Egitto due fregate militari, violando la legge 185/90 che stabilisce il divieto di esportazione di armamenti verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni di diritti. Gli affari e gli accordi commerciali tra Italia ed Egitto non hanno subito interruzioni e non sono serviti a fare luce sulla vicenda né a ottenere una vera collaborazione dal governo egiziano. Ogni vita umana dovrebbe valere più di qualsiasi interesse economico o geopolitico. I diritti umani non sono negoziabili né sacrificabili.

Un giovane italiano e cittadino del mondo 

La breve ma intensa vita di Giulio Regeni ci parla di un giovane vitale, curioso, appassionatoonesto, desideroso di conoscere e di capire, un giovane che credeva nell'amicizia tra i popoli, nella cultura, nello studio come strumenti di conoscenza, di comprensione, di dialogo, di apertura e di incontro con l'altro. Per sua madre, Giulio "era energia: di fare, conoscere e relazionarsi". I suoi studi, svolti con entusiasmo e rigore, dedicati ad un'area geopolitica difficile e delicata, erano anche animati dall'aspirazione a costruire un mondo più giusto, più attento alle fasce vulnerabili della popolazione, in cui le disuguaglianze sociali e gli squilibri economici possano essere superati dando spazio alla partecipazioneall'autonomia decisionale dei cittadini contro gli abusi di potere. Libertà, giustizia sociale, democrazia: sono questi i valori che traspaiono dagli scritti di Giulio.
Poster di Mauro Biani
 Giulio è stato tradito dalla "miseria umana", dal "male del mondo", persino da chi credeva amico (come la sua amica più fidata in Egitto, Noura, una studentessa conosciuta a Cambridge) e da chi avrebbe dovuto proteggerlo (come la sua tutor all'Università di Cambridge), ma lui, con la sua storia, le sue idee, il suo volto aperto e gentile è diventato un baluardo contro questo "male". Ci aiuterà a ricordare e a difendere con più forza la parte migliore del nostro essere umani.
Lasciamo a lui la parola:
  • "Un elemento che emerge con forza è l'aspirazione del popolo nordafricano ad ottenere conquiste quali la giustizia sociale e la democrazia, soffocate sin dall'era della decolonizzazione dai regimi autoritari. Il momento attuale di ridefinizione degli equilibri sociopolitici del Mediterraneo offre la possibilità di correggere le asimmetrie di potere presenti nella regione che ne limitano lo sviluppo, attraverso un nuovo patto sociale tra le istituzioni ed il popolo che renda il Nord Africa finalmente libero da ingerenze esterne e dittature interne. Con tali considerazioni ben chiare, l'UE dovrebbe cogliere quest'opportunità per correggere tali asimmetrie di forza, in virtù della propria posizione strategica e del suo retaggio culturale. Ciò prevederebbe necessariamente la riconsiderazione di quelle riforme neoliberiste che hanno avuto un effetto così negativo sulla popolazione araba, ai fini di ridarle una maggior autonomia decisionale. La posta in palio è molto alta: si tratta di decidere se il futuro del Mediterraneo sarà di convergenza o di conflitto, di prosperità condivisa o di decadimento." (tesina "Venti dal Mediterraneo" per il concorso internazionale Irse-Europa Giovani 2012). 
  • "Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri (Antonio Gramsci)." [...] "Il modello della Costituzione italiana del 1948 sembra offrire un punto di riferimento per una Carta Costituzionale europea che possa essere al tempo stesso locale e sovranazionale. In questo modo, una futura federazione europea con una propria Costituzione politica e la legislazione da essa derivata darebbero plausibilmente la certezza ai cittadini di sentire il progetto europeo come il loro. Un progetto di questa natura potrebbe risolvere così l'attuale scollamento tra istituzioni e cittadini, ponendo nuovamente i temi dell'uguaglianza e della libertà al centro dell'agenda europea. (tesina "Libertà e disuguaglianze" per lo stesso concorso del 2014: dopo la citazione da Gramsci, che suona tristemente profetica, emerge un omaggio alla nostra Costituzione e un attestato di fiducia all'Unione Europea).
L'omaggio degli street artists egiziani a Giulio Regeni
Il ritratto di El Teneen su un muro di Berlino in Marienburger Strasse
Alcuni dei più noti writers egiziani hanno voluto rendere omaggio a Giulio e ricordarlo con dei graffiti. El Teneen, pseudonimo di uno degli artisti più influenti d’Egitto, diventato noto per i suoi murales politici realizzati nella capitale egiziana dopo la Primavera araba del 2011, è l'autore di un ritratto di Giulio sul cui volto compare una frase araba in caratteri rossi che riproduce uno degli hashtag più popolari dopo la diffusione della notizia della sua morte: "Giulio era uno di noi ed è stato ucciso come veniamo uccisi noi". Lo street artist ha spiegato con queste parole il suo gesto e la sua opera: "Voglio dare un contributo affinché si continui a parlare di questa morte barbara, perché non venga dimenticata. La mia speranza è che quando il caso di Giulio sarà risolto e i suoi assassini saranno portati davanti alla giustizia, non sarà solo un conforto per la famiglia. Se mai accadrà, questo ci darà la speranza che un giorno potremo vedere la fine degli orrori a cui i giovani egiziani sono sottoposti quotidianamente".

Per approfondire su Giulio Regeni e la repressione in Egitto: