29 giugno 2013

Storia di Ischia: Pithecusae, Aenaria, Forio, Vittoria Colonna e il Castello Aragonese

Pithecusae, la prima colonia greca nel Mediterraneo occidentale

Grazie alla tenacia e alle ricerche dell'archeologo di origini tedesche Giorgio Buchner, che dal 1952 al 1983 intraprese una serie di scavi nella valle di San Montano e sul promontorio di Monte Vico a Lacco Ameno, sono venute alla luce le tracce di un insediamento greco risalente intorno al 770 a.
Giorgio Buchner durante gli scavi
C. Greci provenienti da un'altra isola, quella di Eubea, attratti dalla posizione geografica e dalla conformazione fisica del territorio ischitano, dalla fertilità del suolo e dalla disponibilità di materie prime, si fermarono ad Ischia e vi fondarono Pithekoussai, che secondo Buchner e altri studiosi è stata la prima colonia greca dell'Italia meridionale.
Iniziò proprio qui l'avventura greca in Occidente. I pionieri Eubei svilupparono una fitta rete di relazioni commerciali che includeva l’Italia meridionale (Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna, Etruria meridionale, Lazio, Campania), varie regioni della Grecia (inclusa naturalmente la metropoli), l’Egitto, la Siria, la Spagna, facendo di Pithekoussai uno degli scali più importanti del Mediterraneo.
Interno del Museo Archeologico
di Pithecusae a Lacco Ameno,
dove sono conservati i reperti pitecussani
Nella colonia i Greci promossero due fiorenti attività commerciali: la produzione di vasellame, anfore e terracotte architettoniche, favorita dall'abbondante disponibilità di argilla locale (proprio da pithos, che significa vaso di creta, secondo alcuni deriverebbe il nome Pithekoussai) e la fabbricazione di oggetti in metallo, sostenuta dalle loro avanzate conoscenze tecnologiche nella lavorazione dei metalli (il ferro era importato dalla Toscana).

La Coppa di Nestore (VIII sec. a. C.),
ritrovata nella tomba di un ragazzo,
è uno dei più preziosi e importanti
reperti della Magna Grecia.

Cratere del naufragio (fine VIII sec. a.C.),
l'esempio più antico di pittura
vascolare figurativa ritrovato in Italia.

Antefissa con testa di Gorgone (IV sec. a.C.).
Pithecusae era un centro di fabbricazione
anche di terrecotte architettoniche,
utilizzate per il rivestimento dei templi
Furono proprio gli Eubei inoltre ad introdurre sull'isola la coltivazione della vite (favorita dalla natura vulcanica del terreno e dal clima mediterraneo) e la conoscenza della scrittura. Lo documenta la celebre Coppa di Nestore, all'apparenza una piccola comune "ciotola" ma in realtà una delle più preziose scoperte di Buchner, nota agli archeologi di tutto il mondo e vera star del Museo di Ischia: a renderla così unica e speciale è un'iscrizione in versi che rappresenta uno degli esempi più antichi si scrittura alfabetica greca.

 
In alto:
unguentario (vaso per oli profumati)
in forma di civetta (fine VII sec. a. C.),
proveniente dalla Grecia Orientale
e appartenente al corredo funebre di una donna.
In basso:
scarabei di tipo egizio (VIII sec. a. C.),
utilizzati come amuleti.
I reperti testimoniano gli intensi
traffici commerciali della colonia greca.
L'epoca greca rappresentò dunque per Ischia uno di quei periodi speciali della storia in cui civiltà ed etnie diverse (greci, fenici, indigeni) si incontrano, convivono pacificamente e si arricchiscono attraverso il dialogo e lo scambio; uno di quei periodi in cui, proprio grazie alla pace e alla stabilità, risorse ambientali, tecnologia, creatività, cultura e arte fioriscono e si alimentano vicendevolmente. Una "lezione" da non dimenticare per il futuro dell'isola e del mondo intero.

A Ischia c'è ancora molto da scoprire...

L'insediamento greco di Punta Chiarito

L'interesse archeologico dell'isola d'Ischia non si limita all'affascinante quanto importante vicenda di Pithekoussai. Campagne di scavi sono state avviate dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli in altre zone dell'isola, tra cui Punta Chiarito a Panza e la Baia di Cartaromana.
A Punta Chiarito, a partire dal 1992, sono stati riportati alla luce i resti di un insediamento greco di epoca arcaica (VIII-VI sec. a. C.): l'eccezionalità del ritrovamento consiste nel fatto che è emersa una casa con l'intero corredo domestico, mentre la maggior parte dei reperti greci noti proviene da tombe (come nel caso di Pithecusae) o santuari. Una ricostruzione dell'interno dell'abitazione con il focolare e le grosse anfore da dispensa è esposta presso il Museo Archeologico di Napoli.

Per approfondire:

Aenaria, ovvero Ischia in epoca romana

Le "miracolose" acque isolane: i rilievi votivi di Nitrodi
Si sa che i Romani erano grandi amanti delle terme e certamente conoscevano le proprietà curative delle sorgenti dell'isola d'Ischia. Le acque termali isolane erano ben note fin dall'antichità: il geografo e storico greco Strabone (fine I sec. a.C.- inizio I sec. d. C.), gli scrittori del I sec. d.C. Plinio il Vecchio, Publio Papinio Stazio, Publio Ovidio Nasone ed il famoso medico del V sec. d.C. Celio Aureliano ne ricordano nei loro scritti le virtù terapeutiche. Al momento non sono stati rinvenuti ad Ischia resti di edifici termali, ma nel 1757 furono trovati casualmente, presso la sorgente di Nitroli (Barano)dodici rilievi votivi in marmo di epoca romana risalenti al II sec. d.C., i cui originali sono attualmente esposti al Museo Archeologico di Napoli.
Rilievo votivo in marmo, II sec. d. C.
Iscrizione: T. TVRRANIVS DIONVSIVS
NYMPHIS DONVM DEDIT
(Tito Turranio Dionisio diede in dono alle Ninfe)
Sulla maggior parte dei rilievi è raffigurato Apollo con la cetra, dio associato alla musica e alla poesia ma anche alla medicina, affiancato da due o tre ninfe che portano conchiglie o vasi dai quali versano l'acqua salutare.
Le scene figurate sono accompagnate da iscrizioni dedicatorie, che rendono grazie dell'ottenuta guarigione al dio ed alle Ninfe della sorgente, chiamate Nitrodes o Nitrodiae, nome conservatosi quasi inalterato nel toponimo odierno della fonte (dal greco nítron, in latino nitrum, ossia la soda, di cui si riteneva fossero ricche le acque della sorgente presso la quale le Ninfe stesse erano venerate).
Una delle iscrizioni testimonia che tra i malati beneficiati dalle acque ischitane ci fu anche una liberta (schiava liberata) di Poppea, moglie dell'imperatore Nerone, di nome Argenna: "ARGENNE POPPAEAE AVGVSTAE AVGVSTI LIBERTA APOLLINI ET NYMPHIS VOTVM L. D." (Argenna liberta di Poppea Augusta moglie di Augusto offre/offrì in voto ad Apollo e alle Ninfe con animo grato).
Rilievo votivo in marmo, II sec. d. C.
Iscrizione: CAPELLINA V. S. L. NYMPHIS
(Capellina scioglie/sciolse il voto grata alle Ninfe)
Uno dei rilievi più noti del gruppo raffigura Apollo e tre figure femminili. La prima a sinistra è chinata nell'atto di immergere i lunghi capelli in una conca piena della preziosa acqua retta da una Ninfa; a destra un'altra Ninfa versa l'acqua da un vaso nella conca. Le due Ninfe sono raffigurate con il consueto manto avvolto intorno alla parte inferiore del corpo, mentre la prima figura femminile è completamente nuda (la veste è appoggiata ai piedi dell'albero alle sue spalle). Anche il dio Apollo è nudo e raffigurato con la consueta cetra ed il corvo, uccello a lui sacro. Il rilievo è stato interpretato dagli studiosi come frutto di un beneficio ricevuto, probabilmente per la salute dei capelli o del capo in generale, dalla donna nuda che sarebbe proprio Capellina, la dedicante citata nell'iscrizione.
Il rinvenimento degli ex voto ischitani è di estrema importanza, perché si tratta dell'unico complesso votivo del genere rinvenuto nell'Italia meridionale
Presumibilmente presso la sorgente era stato edificato un luogo di culto o un impianto termale, alle cui pareti erano forse appesi i rilievi, come farebbero supporre gli incassi presenti nella parte posteriore di alcuni di essi.

Il porto di Aenaria tra archeologia e scienza
Nella Baia di Cartaromana, proprio all'ombra del Castello Aragonese, dal 2011 gli scavi subacquei
Ricostruzione del porto di Aenaria
avviati dalla Società Marina di Sant'Anna sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli e sotto la supervisione dell'archeologa Alessandra Benini, hanno consentito di rinvenire, a una profondità di 2-7 metri sotto il livello del mare, i resti sommersi della zona portuale del centro romano di Aenaria (nome derivato dal latino aenum = metallo). Risalente al IV sec. a.C., il sito fu abbandonato nei primi decenni del II sec. d. C., forse a causa di una catastrofe naturale (probabilmente un'eruzione), e sprofondato in seguito ai fenomeni vulcanici e bradisismici verificatisi sull'isola.
Resti della cassaforma lignea

Ceramiche e lingotti di piombo documentano scambi commerciali con la penisola iberica; galene e scarti di fusione della lavorazione del piombo sembrano attestare la presenza di fonderie, proprio come in epoca greca; i lingotti e i  resti di imbarcazioni testimoniano probabilmente il naufragio di navi commerciali per l'importazione dei materiali; il preziosissimo ritrovamento di una cassaforma in legno di circa 20 metri (la più grande e meglio conservata finora al mondo) attesta le raffinate e avanzate tecniche  ingegneristiche utilizzate dai Romani per la costruzione della banchina portuale. 

Anche in epoca romana dunque l'isola, per la sua posizione strategica, era un importante snodo commerciale.
Colonne, tegole, mattoni, tessere di mosaico consentono di ipotizzare l'esistenza di un centro abitato nei pressi dell'area portuale, mentre i resti di strutture murarie in opus reticulatum a maggiore distanza dal porto fanno pensare a ville residenziali
Alcuni dei materiali rinvenuti nel corso degli scavi sono esposti all'interno della Torre di Guevara dove è stato allestito un piccolo Museo Civico. Visite guidate al sito sommerso sono organizzate dalla Marina di Sant'Anna con una barca dal fondo trasparente dalla quale è possibile anche vedere all'opera gli archeologi subacquei.

La baia del Castello, una finestra sul futuro dei nostri mari
Oggi la baia del Castello è al centro di studi  non solo archeologici, ma anche scientifici di notevole interesse. Particolare è infatti la composizione chimica delle sue acque, caratterizzata da un'acidità naturale, dovuta alla presenza di CO2 di origine vulcanica. L'anidride carbonica si manifesta sotto forma di suggestive colonne di bollicine, chiamate vents, facilmente visibili a pochi metri dalla superficie. Il Ph medio delle acque della baia è di 7.8, livello che, secondo le previsioni, gli oceani potrebbero raggiungere entro il 2100 a causa dell'aumento della concentrazione di CO, mentre quello medio degli oceani attualmente è di 8.1-8.2. L'acidità naturale delle acque isolane può dunque consentire agli studiosi di capire e prevedere gli effetti dell'acidificazione degli oceani provocata dall'effetto serra antropico e dai cambiamenti climatici.
Fondali della baia del Castello con colonnine di anidride carbonica
pompata da camini vulcanici sotterranei, dette vents 
(Foto di Bruno Iacono e Luca Tiberti)
Gli studi effettuati finora hanno dimostrato che l'aumento del Ph danneggia le specie calcaree e può determinare una riduzione tra il 50 e il 60% delle specie: alghe e animali che hanno bisogno di carbonato di calcio in abbondanza, come alghe coralline, lumache, ricci di mare e coralli, sono assenti o sono limitati in acqua acidificata. 
Recentemente sono stati scoperti altri siti in punti diversi dell'isola caratterizzati da emissioni vulcaniche di  CO2  e da differenti habitat. Sono "hot spots" di biodiversità marina mediterranea che costituiscono un eccezionale patrimonio naturale. La presenza di questi siti (con una profondità variabile tra i 2 e i 48 m) rende Ischia un unicum a livello mondiale e una vera e propria "finestra sul futuro". Sebbene questi sistemi vulcanici di emissione di CO₂ non siano gli analoghi precisi dell'acidificazione marina su scala globale, sia per la loro limitata estensione e profondità, sia per la variabilità del PH, possono fornire una conoscenza più precisa degli scenari ecologici previsti dall'IPCC, l'organismo internazionale istituito dall'ONU nel 1988 per la valutazione dei cambiamenti climatici.
Mappa di Ischia (da de Alteriis et al., 2006)
con le emissioni sommerse costiere

Quello del Castello aragonese di Ischia è uno dei sistemi di emissione di CO₂ meglio conosciuti e il primo studiato al mondo. Ancora oggi è un laboratorio naturale tra i più interessanti e analizzati anche da team internazionali. Agli studi delle acque si stanno dedicando da anni i ricercatori del Laboratorio ischitano di ecologia del benthos di Villa Dohrn (l'Acquario di Punta San Pietro), l'inconfondibile edificio rosso pompeiano situato all'ingresso del porto di Ischia, che è una sede distaccata della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli
Villa Dohrn dal 1970 è sede 
del Laboratorio di ecologia del benthos
La Stazione, comunemente nota come Acquario di Napoli, porta il nome di 
Anton Dohrn, studioso tedesco amico di Charles Darwin, che, colpito dalla straordinaria biodiversità dell'area del golfo di Napoli, decise di studiarla e di stabilirsi proprio tra Napoli e Ischia. Nel 1872 fondò a Napoli il primo istituto di biologia marina al mondo, tuttora uno dei più prestigiosi. Nel 1906 costruì sul porto di Ischia la Villa dell'Acquario, per ospitare gli studiosi della Stazione napoletana. 
L'unicità e l'importanza dell'habitat ischitano hanno ormai acquisito risonanza internazionale e i sistemi ischitani sono diventati riferimenti molto noti e studiati nel panorama della ricerca in ambito mondialeQuesta notorietà è legata anche a una serie di pubblicazioni, tra cui un articolo apparso nel 2008 sulla prestigiosa rivista Nature, cui sono seguiti servizi della BBC (Acidic seas fuel extinction fears by Roger Harrabin Environment analyst, BBC News 2009) e del National Geographic  Italia (Mare acido, aprile 2011 con 21 fotografie dei fondali della baia di Ischia realizzate da David Liittschwager).
Clicca sul link per guardare gli splendidi fondali isolani in un video (durata: 5:32realizzato nel 2017 nell'ambito del progetto "Window to the future" finanziato dalla National Geographic Society: Window to the future: new volcanic CO2 vents in Ischia.
Di Ischia e degli studi sull'acidificazione delle acque si è parlato anche nella puntata della trasmissione "Presa diretta" andata in onda il 17 febbraio 2020 intitolata "Polmone blu", dedicata all'ecosistema oceano, con un'intervista alla prima ricercatrice del laboratorio di Ischia Maria Cristina Gambi, che parla di ondate di calore, specie aliene e acidificazione: www.raiplay.it/video/2020/02/il-polmone-blu---presadiretta-17022020-3792a00f-7304-49e7-9c08-df352e0e7fba.html (dal minuto 14.40, durata complessiva del video: 25 minuti)


L'area Marina Protetta "Regno Di Nettuno"
La baia del Castello rientra nella zona C dell’Area Marina Protetta "Regno di Nettuno", istituita con decreto ministeriale nel 2007 per la protezione ambientale, la tutela e la valorizzazione del mare che circonda le isole di Ischia, Procida e Vivara. Con i suoi 11.256 di superficie è la più estesa AMP della Campania e, grazie alla sua particolare posizione, vanta la contemporanea presenza di tutte le specie presenti nel Mediterraneo.
Sotto il Castello Aragonese il fondale sano appare così:
una spessa coltre di Haliclona rosea, denti di cane bianchi, 
alghe calcaree lilla, ricci di mare e una bavosa ruggine.
Foto di David Liittschwager
L'AMP racchiude al suo interno una varietà di ambienti di enorme interesse naturalistico: aree di coralligeno, con alghe rosse, madrepore e coralli, ma soprattutto una straordinaria prateria di Posidonia oceanica.
La Posidonia (il cui nome deriva da quello del dio greco del mare) non è un'alga ma una pianta che riveste un ruolo fondamentale nell'ecosistema marino. Offre nutrimento, ospitalità e riparo a circa il 20-25% di tutte le specie presenti nel Mediterraneo: pesci, molluschi, crostacei. Le praterie di Posidonia inoltre sono essenziali all’equilibrio dell’ambiente costiero mediterraneo, perché producono un’elevata quantità di ossigeno e attenuano l'erosione delle coste: assorbono infatti parte dell’energia delle onde; le foglie morte, trasportate e ammassate a riva dalle correnti, formano una sorta di barriera naturale di contenimento e di protezione delle coste dall’azione erosiva del moto ondoso.
Prateria di Posidonia oceanica
La Posidonia oceanica scompare quando l’inquinamento è troppo accentuato; per questo motivo è ritenuta un eccellente indicatore della qualità dell’ambiente. Le principali cause di regressione delle praterie sono da collegare alla crescente pressione antropica sull’ambiente costiero. Uno degli obiettivi prioritari dell'AMP è proprio la tutela di tali ambienti, attraverso specifiche regolamentazioni per la nautica, la pesca e le attività acquatiche. L'ancoraggio, ad esempio, è regolato, per impedire il danneggiamento delle praterie di Posidonia

Collage di immagini del "Regno di Nettuno" 
(foto del nucleo subacqueo dei Carabinieri, di Oceanomare Delphis, di Rossella D'Alterio e di Pasquale Vassallo, 2019-2020)
Le acque del Regno di Nettuno sono frequentate da tutte le specie ittiche tipiche dell'area mediterranea e sono al centro di flussi migratori di totani e calamari, di pesce azzurro e piccoli tunnidi. Nell'area ovest, verso l'isola di Ventotene, e nell'area nord si riscontra la più alta densità di mammiferi marini (balene, capodogli e delfini). Il Canyon di Cuma ospita la più importante famiglia presente nel Mediterraneo di Delfino Comune, specie in via di estinzione. La zona D è stata aggiunta nell'AMP proprio per limitare i frequenti ferimenti di balene, capodogli e delfini da parte di motoscafi che transitano ad alta velocità. 

Per approfondire:

Vittoria Colonna e il Castello Aragonese
 
Il Castello con la sua baia è stato protagonista anche di una stagione storico-culturale di grande rilievo. Fu la presenza della poetessa Vittoria Colonna (Marino 1490 - Roma 1547) a fare del Castello di Ischia nel suo periodo di massimo splendore un prestigioso centro culturale.
Donna riservata ma dalla personalità forte e carismatica, Vittoria Colonna fu una figura centrale
della cultura del '500, ammirata e stimata da intellettuali e artisti dell'epoca, primo fra tutti un altro protagonista del Rinascimento italiano, Michelangelo Buonarroti, con il quale instaurò un'amicizia profondissima. Dopo le memorabili nozze con Francesco Ferrante d’Avalos, marchese di Pescara, celebrate nella Cattedrale del Castello il 27 dicembre 1509, Vittoria Colonna vi soggiornò a lungo (quasi ininterrottamente dal 1509 al 1536) e divenne musa ispiratrice di un cenacolo umanista animato da prestigiosi letterati, tra i quali Bernardo Tasso, padre di Torquato. Sul Castello compose rime amorose e spirituali improntate alla moda del petrarchismo, un genere letterario molto in voga nel XVI secolo che favorì l’affermazione della donna nella società e nell’ambiente culturale del Cinquecento.

Il “traforo”, una galleria di accesso
lunga più di 400 metri,
fatta scavare a mano nella roccia
da Alfonso V d’Aragona
verso la metà del XV sec.
La galleria è dotata di quattro robusti portoni
(uno ancora esistente e funzionante)
e di lucernari dai quali si versava
olio bollente, pece e pietre su eventuali nemici.
Grazie alla poetessa, il Castello, oltre a rappresentare il centro politico e religioso dell'isola, divenne dunque anche un punto di riferimento culturale. Edificata su uno scoglio, la costruzione copre una superficie di circa 56.000 mq e raggiunge un’altezza di 113 mt sul livello del mare. Oltre ad essere la residenza reale, il castello ischitano fu una vera e propria città-fortezza autosufficiente e densamente costruita, sulla quale, soprattutto nel periodo delle incursioni piratesche, viveva buona parte della popolazione isolana: alla fine del XVI sec. ospitava 1892 famiglie, un Convento, il Vescovo, 13 chiese tra cui la Cattedrale, nonché terre coltivate.

Per difendere il castello dai frequenti attacchi dei corsari,
Alfonso d'Aragona fece realizzare anche poderose mura
e fece ricostruire in posizione dominante
sul punto più alto dello scoglio (m 113) il Maschio,
una struttura residenziale e strategica autonoma
circondata da un fossato e dotata di un percorso segreto
(“la escalera falsa”) che consentiva un accesso diretto al mare. 
La visita al Castello, oltre a regalare panorami incantevoli, rappresenta un suggestivo viaggio nella storia, poiché su questo "scoglio", ambìto per la sua posizione strategica, sono passate le varie dominazioni che si sono succedute nella storia d’Italia e del Regno di Napoli, dai Romani ai Borbone. 





Per approfondire

Il patrimonio storico-artistico di Forio



Forio cultura. Un patrimonio da scoprire è un portale dedicato al
ricchissimo ma ancora poco valorizzato e poco noto (in alcuni casi a rischio) patrimonio culturale del comune più esteso dell'isola d'Ischia.
Le sezioni del sito permettono di (ri)scoprirlo nei suoi molteplici aspetti:

beni storico-artistici di Forio: chiesetorri di difesa, palazzi nobiliari, case di pietra, il sito archeologico di Punta Chiarito;

le maioliche decorative e votive;

beni scomparsi come la Cappella Regine, di cui si è salvato solo lo splendido pavimento maiolicato settecentesco, conservato presso il Museo Artistico Industriale di Napoli;

un profilo di storia locale dalla preistoria al Medioevo con un approfondimento sull'emigrazione tra Ottocento e Novecento e una carrellata di personaggi storici di rilievo;

le tradizioni popolari (feste, viticoltura e gastronomia, antichi mestieri, artigianato);

il suo passato di centro d'attrazione per artisti e intellettuali italiani e stranieri, in alcuni casi  di fama internazionale, che trovarono in Forio la loro patria d'adozione ed elessero un piccolo bar, gestito e animato da un'energica e carismatica locandiera nonché inconsueta "musa ispiratrice",
Maria Senese con il poeta Auden.
Foto di Lisa Meyerlist
Maria Senese, a loro luogo di ritrovo, trasformandolo in un insolito cenacolo cultural-mondano, simbolo di una stagione culturale "magica" ed eccezionale, rimasta unica e irripetuta.

Negli anni Cinquanta Forio divenne infatti luogo di riposo, di ispirazione o di rifugio per ospiti prestigiosi, ammaliati dal clima, dalla luce e dai colori mediterranei, dalla natura rigogliosa, dalla libertà, dalla vitalità e dalla tranquillità di un ambiente all’epoca ancora agreste e pittoresco.
Tra questi figurano il poeta inglese W. H. Auden, lo scrittore statunitense Truman Capote, il regista italiano Luchino Visconti, il musicista inglese William Walton, la scrittrice austriaca Ingeborg Bachmann, il musicista tedesco Hans Werner Henze, il pittore italiano Leonardo Cremonini.

Ogni sezione è corredata da un apparato iconografico di centinaia di immagini, in alcuni casi inedite, antiche e recenti.

http://www.cdlstoria.unina.it/storia/forio/ (il portale, voluto dal Comune di Forio, è stato realizzato dall'Università degli Studi di Napoli Federico II con finanziamento della Regione Campania).


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