12 gennaio 2015

Testimonianze della civiltà romana: talento politico e ingegneristico

I ROMANI, GRANDI COSTRUTTORI

Dell'abilità architettonica e ingegneristica dei Romani nell'edilizia sia pubblica sia privata sono arrivate fino a noi numerose testimonianze non solo a Roma ma in ogni parte del loro vasto impero, dagli anfiteatri agli acquedotti, dalle strade alle terme, dagli archi di trionfo alle domus e alle villae di campagna dei più facoltosi. Proprio nell'architettura, per sua natura l'arte più pratica e funzionale, i Romani dimostrarono particolare originalità e ingegno. Le opere pubbliche, spesso imponenti e maestose, simboleggiavano la civiltà avanzata e il potere di Roma ed erano efficaci strumenti di propaganda per gli imperatori.

 IL CIRCO MASSIMO E LE CORSE DEI CARRI:
LA FORMULA UNO DELL'ANTICHITÀ

L'antichissimo Circo Massimo, costruito nella pianura tra il colle Palatino e l'Aventino, era il più grande edificio per gli spettacoli di tutti i tempi: lungo 600 m. e largo 140, poteva contenere circa 300.000 spettatori. Ospitava alcuni degli spettacoli più popolari e più amati dai Romani, le gare di carri trainati da cavalli (bighe o quadrighe). Alberto Angela ricostruisce la storia del Circo Massimo nel video che segue (documentario "Superquark" Rai3,14 minuti circa).


IL COLOSSEO: CAPOLAVORO ARCHITETTONICO
E ARENA DEI GLADIATORI
L'Anfiteatro Flavio, più noto come "Colosseo", è l'anfiteatro romano più celebre al mondo. Realizzato in soli 10 anni, fu inaugurato nell'anno 80 d.C. sotto l'imperatore Tito, figlio di Vespasiano, con giochi e spettacoli di gladiatori (ludi gladiatorii, venationes) che si protrassero per 100 giorni durante i quali, secondo la testimonianza del biografo Svetonio, furono coinvolti migliaia di animali feroci di ogni specie, 5000 dei quali in un solo giorno (uno die quinque milia omne genus ferarum). Poteva contenere circa 50.000 spettatori. Il soprannome "Colosseo" si deve al fatto che l'imperatore Vespasiano lo fece realizzare nell'area occupata dal laghetto artificiale della Domus Aurea, la sontuosa residenza del suo predecessore, Nerone, a pochi passi dal punto dove si ergeva il cosiddetto "Colosso" di Nerone, una statua in bronzo alta oltre 30 metri
Per rivivere il passaggio dalla Domus Aurea al Colosseo, guarda il breve video tratto dalla trasmissione di Alberto Angela "Ulisse, il piacere della scoperta" (3 minuti circa).


Sempre Alberto Angela ci guida alla scoperta del Colosseo nel video che segue (Superquark - Rai3, circa 8 minuti).


Il Colosseo, come tutti gli anfiteatri, era munito di sotterranei, dove si trovavano le gabbie per le belve e ascensori meccanici che consentivano l'ingresso a sorpresa degli animali nell'arena. Questa era infatti coperta da un tavolato di legno che nascondeva alla vista degli spettatori le gallerie per la custodia e il passaggio delle belve. L'esibizione delle belve esotiche negli spettacoli esaltava le capacità organizzative, il potere e il dominio di Roma, anche sulle zone dell'impero più remote e selvagge. Sia i ludi gladiatorii che le venationes erano anche uno strumento politico di controllo, di consenso e di "distrazione" delle masse, finalizzato a ottenere il favore del popolo.
Per fare un viaggio nel tempo e assistere ad uno di questi spettacoli, tanto cruenti quanto emozionanti per gli antichi romani, guarda il video della scena della lotta con le tigri tratta dal film "Il gladiatore" di Ridley Scott (2000).
Gli straordinari mosaici di Villa del Casale a Piazza Armerina (Enna), risalenti al IV sec., ci consentono invece di ricostruire i retroscena e la complessa organizzazione delle venationes, ossia degli spettacoli con animali esotici e selvaggi (tigri, pantere, leoni, leopardi, elefanti, tori). La pavimentazione a mosaico del cosiddetto "Corridoio della Grande Caccia", lungo ben 66 metri, raffigura una grandiosa scena di caccia che ha luogo in località dell’Africa e dell'Oriente, per la cattura delle fiere. Oltre all'inseguimento e alla cattura delle belve (si riconoscono perfino un rinoceronte, un ippopotamo, un elefante), assistiamo al trasporto degli animali catturati, vivi o morti, entro gabbioni trainati da coppie di buoi o caricati a spalla da servi, all’imbarco delle belve e al loro sbarco nel porto di Ostia. Nel video che segue ("Ulisse: il piacere della scoperta", Rai3, 11 minuti circa), Alberto Angela ci accompagna alla scoperta di questo incredibile racconto per immagini e dei suoi dettagli più curiosi e sorprendenti.


 


Sotterranei e arena
dell'Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, I sec. d. C.
Costruito dagli stessi architetti del Colosseo,
poteva ospitare circa 40.000 spettatori
e fu progettato con ben 16 ingressi.
Grazie all'ottimo stato di conservazione
dell'arena e dei sotterranei, è stato possibile
studiare il complesso sistema
di sollevamento delle gabbie con le belve
e capire meglio il meccanismo
degli spettacoli delle cacce.
I Romani, oltre al Colosseo, realizzarono molti altri anfiteatri, sia in Italia sia nelle province dell'impero. Tra quelli costruiti in Italia si distinguono per dimensioni e stato di conservazione quelli di Pozzuoli, di Pompei (uno dei più antichi), di Capua, di Siracusa (il più grande della Sicilia) e di Verona. A livello mondiale uno dei meglio conservati è quello di Nimes in Francia e uno dei più grandi è quello di El Jem in Tunisia (35.000 spettatori seduti).

Anfiteatro di Pompei
(dipinto del XVIII sec.).
Costruito intorno al 70 a.C.,
è tra gli anfiteatri
più antichi e meglio conservati.
Poteva accogliere oltre 20.000 spettatori.





             




Anfiteatro di Nimes (Francia).
Costruito alla fine del I secolo d.C.,
è lungo circa 133 m e largo 101 m.
Alto 21 metri con 2 livelli di 60 arcate ciascuno,
poteva ospitare oltre 20.000 spettatori.
Quello di Nimes è uno degli anfiteatri
romani meglio conservati al mondo.
Anfiteatro di El Jem (Tunisia),
III sec. d. C.
Era il più grande del Nord Africa
e tra i più grandi al mondo.
 Protetto dall'Unesco dal 1979,
vi sono state girate alcune scene
del film Il gladiatore.

















IL GENIO INGEGNERISTICO DEI ROMANI: GLI ACQUEDOTTI 

"[...] I romani si sono concentrati in ciò che i Greci avevano trascurato, come la costruzione di strade ed acquedotti, di fogne per incanalare i reflui della città nel Tevere. Inoltre, hanno costruito strade che corrono attraverso tutto il paese, tagliando colline e colmando valli [...] E le acque fluiscono così abbondanti nella città grazie agli acquedotti, che veri e propri fiumi scorrono attraverso la città e nelle condotte sotterranee; e praticamente ogni casa ha cisterne, tubature e abbondanti fontane [...]" (Strabone, Geografia, V, 3, 8).
Gli acquedotti sono una straordinaria testimonianza delle progredite tecniche ingegneristiche e idrauliche dei Romani: solo in epoca moderna i Paesi più avanzati sono riusciti ad eguagliare e a superare il livello da essi  raggiunto nell'approvvigionamento idrico. Grazie all'uso di arcate e di ponti-canale, i Romani riuscirono a far arrivare l'acqua nelle città (da sorgenti che potevano trovarsi fino a 50 km di distanza) senza dover ricorrere a impianti di sollevamento. In età imperiale Roma vantava ben 11 acquedotti che avevano una capacità giornaliera di circa un milione di metri cubi di acqua,1000 litri per abitante. L'acqua confluiva in serbatoi e da qui, attraverso tubature sotterranee in piombo, era convogliata alle numerosissime fontane (circa 1400), alle centinaia di terme, alle vasche e cisterne pubbliche e private.
Pompei, casa della Fontana Piccola:
i Romani più facoltosi possedevano fontane ornamentali
nei giardini delle loro domus.
Questo affresco pompeiano
testimonia la presenza di fontane
nei giardini privati 
Ancora oggi alcune delle fontane più belle di Roma, tra cui la scenografica fontana di Trevi, sono alimentate dall'unico acquedotto ancora funzionante, l'Aqua Virgo, fatto costruire nel 19 a.C. dal generale Agrippa, stretto collaboratore dell'imperatore Augusto. 
Oltre ad essere una delle principali opere pubbliche, gli acquedotti erano una concreta ed imponente testimonianza della capacità di dominio dell'ingegno umano sulla natura e divennero pertanto simboli dell'avanzata civiltà di Roma, nonché strumenti di propaganda del suo potere.
Ecco perché, come gli anfiteatri, anche gli acquedotti furono realizzati dai Romani nelle diverse province dell'impero. Due, in ottimo stato di conservazione, sono stati proclamati Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco: il ponte del Gard nel Sud della Francia e l'acquedotto di Segovia in Spagna. 
Clicca sul link per visualizzare un video sulle tecniche di progettazione e di costruzione degli acquedotti romani (circa 7 minuti).

Acquedotto di Segovia (Spagna),
50 d.C. circa.
Considerato uno degli esempi
più impressionanti
dell’ingegneria romana,
fu utilizzato fino alla metà del XX secolo.
I 166 archi di pietra formati da blocchi
di granito assemblati senza cemento né malta,
sono rimasti inalterati
grazie ad un ingegnoso equilibrio di forze.

Il Pont du Gard (Francia, Provenza).
Costruito intorno al 50 d.C., faceva parte del
più possente e celebre acquedotto romano
esistente. Trasportava l’acqua
 alla città di Nimes per un percorso di 50 km
lungo la valle del fiume Gardon.
Opera di incredibile maestosità con i suoi 3 piani
(275 metri di lunghezza, 49 metri di altezza),
quello inferiore da 6 arcate,
quello medio, che fungeva da strada, da 11 arcate
e il superiore da 35 arcate.




















IL PIÙ GRANDE SISTEMA STRADALE DELLA STORIA

I Romani furono in grado di realizzare una fitta rete di strade solide e sicure per collegare tutti territori conquistati. Si può affermare che per la prima volta nella storia l'Europa sia stata unita da tracciati stradali regolari e resistenti. Le tecniche di costruzione dei Romani erano talmente avanzate e accurate da consentire alle loro strade di resistere ai secoli (si pensi alla via Appia o alle strade di Pompei). Ne è rimasta traccia anche nel lessico di varie lingue europee: dal termine latino "(via) strata" (strada massicciata, ossia lastricata, pavimentata con uno strato in pietra) derivano l'italiano "strada", l'inglese "street" e il tedesco "Straße".

Ostacoli naturali quali fiumi o burroni erano superati attraverso la costruzione di ponti: i Romani ne edificarono circa 2000, molti dei quali sono sopravvissuti ai secoli diventando una evidente prova dell'eccezionale maestria degli ingegneri romani. Gettare in acqua le fondamenta richiedeva infatti notevole perizia tecnica: si ricorreva a cassoni stagni in tronchi di quercia tenuti insieme con catene che venivano calati in acqua, ancorati al fondo e riempiti di blocchi di pietra o calcestruzzo.
Un tratto della via Appia oggi
La prima strada pavimentata fu la via Appia, chiamata così dal nome del censore Appio Claudio Cieco che ne avviò la costruzione nel 312 a. C. nel corso delle guerre sannitiche; la regina viarum inizialmente collegava la capitale a Capua e fu poi prolungata fino a raggiungere Brindisi, così da facilitare l'espansione di Roma verso il Sud della penisola e verso Oriente. All'epoca dell'imperatore Traiano, tra la fine del I sec. e i primi decenni del II sec d.C., in cui l'impero raggiunse la sua massima estensione, la rete viaria superava i 100.000 km. Le strade principali erano larghe dai 4 ai 6 metri, in modo da consentire nella zona centrale il passaggio di carri ed erano dotate di una pietra miliare (miliarium) che indicava la distanza in miglia dal Foro romano. La costruzione delle strade era legata principalmente ad esigenze militari e commerciali, ma nel corso dei secoli esse, oltre a favorire e a simboleggiare la crescita e la prosperità economica dell'impero grazie agli intensi scambi commerciali, incoraggiarono anche scambi culturali e svolsero dunque un ruolo fondamentale nel processo di romanizzazione dei territori dell'impero.
Clicca sul link per visualizzare un breve video sulle strade romane (2 minuti circa).


LE TERME, CHE PASSIONE!

Il pomeriggio alle terme era un appuntamento irrinunciabile per gli antichi Romani di ogni classe sociale (i prezzi erano accessibili a tutti). Ecco perché questi edifici pubblici non potevano mancare nelle città romane. Erano complessi monumentali innovativi dal punto di vista architettonico, nati nel II sec. a. C. come bagni pubblici ma che divennero anche luoghi di ritrovo e di svago. In questa sorta di centri benessere ante litteram i cittadini potevano infatti non solo lavarsi e prendersi cura del loro corpo ma anche socializzare, conversare, concludere affari. Oltre agli ambienti comuni e immancabili di tutte le terme, destinati ai bagni, i centri termali potevano ospitare anche biblioteche, giardini, sale per letture, concerti, conferenze, palestre, piscine all'aperto. Nella progettazione e nella realizzazione dei complessi termali i Romani diedero prova di originalità e di ingegno ed escogitarono soluzioni tecniche inedite e raffinate per il riscaldamento degli ambienti e dell'acqua.
Ricostruzione delle Terme di Caracalla
(Thermae Antoninianae),
uno dei complessi termali
più grandi e meglio conservati
Non sorprende quindi che alcuni imperatori non badarono a spese per far costruire complessi termali grandiosi e lussuosi: le terme di Caracalla (edificate nel III sec. d.C. e funzionanti fino ai primi decenni del VI) si estendevano su una superficie di 11 ettari e potevano accogliere 1600 persone. Si tratta dell'impianto di epoca imperiale meglio conservato. Grazie alle fonti scritte in questo caso è possibile ricostruire parte della scenografica decorazione originaria: enormi colonne di marmo, pavimentazione in marmi colorati orientali, mosaici di pasta vitrea e marmi alle pareti, stucchi dipinti e centinaia di statue e gruppi colossali, sia nelle nicchie delle pareti sia nei giardini. Per l’approvvigionamento idrico (il fabbisogno giornaliero era di circa 15.000 metri cubi) fu creato un ramo speciale dell’acquedotto dell’Acqua Marcia, l’Aqua Antoniniana.
Ricostruzione delle Terme di Diocleziano,
il più grandioso complesso termale
mai costruito nel mondo romano

Il primato per dimensioni spetta però alle monumentali terme fatte edificare da Diocleziano tra il 298 e il 306 d.C. su una superficie di quasi 14 ettari; secondo alcune fonti antiche potevano ospitare fino a 3000 persone contemporaneamente.
Anche questi edifici pubblici tipicamente romani furono "esportati" nella varie parti dell'impero. Presso le terme di Sabratha in Libia sono stati trovati mosaici con iscrizioni che rivolgevano ai clienti auguri per il bagno: "bene laba" ("lavati bene") e "salvom lavisse" ("lavarsi [è] salutare"). Uno di questi raffigura delle ciabatte da bagno incredibilmente simili a quelle in uso ancora oggi.


Alberto Angela ci guida alla scoperta delle Terme suburbane di Ercolano, tra le meglio conservate dell'impero romano finora ritrovate. Clicca sul link per visualizzare il video (dalla trasmissione di Rai3 "Passaggio a Nord Ovest", 5 minuti circa): http://www.dailymotion.com/video/x1js324_le-terme-romane-da-passaggio-a-nord-ovest_shortfilms



EDILIZIA PRIVATA: RICOSTRUZIONE VIRTUALE DI UNA DOMUS ROMANA




Disegno ricostruttivo di una domus
 

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